IL TRIBUNALE MILITARE
    Premesso che nel procedimento n. 68/1992 r.n.r. nei  confronti  di
 Cardia  Gianluca  e  Deiana  Maurizio, l'imputato Cardia ha chiesto a
 questo giudice l'applicazione della pena ai sensi degli artt.  444  e
 ss.  del  c.p.p.  e che il tribunale ha accolto tale richiesta previo
 esame del fascicolo processuale del p.m. (preso in visione  ai  sensi
 dell'art. 135 norme di attuazione c.p.p.).
    Premesso  altresi'  che il p.m. nel prosieguo del procedimento nei
 confronti del solo Deiana, ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  avendo  avuto  il  tribunale  cognizione  degli atti
 relativi anche al Deiana (perche' contenuti nel  fascicolo  del  p.m.
 relativo  ad  entrambi  gli  imputati), per violazione degli artt. 76
 della Costituzione in relazione agli artt. 34 del c.p.p.  e  2  della
 legge delega n. 81 del 1987 direttiva n. 67 e che a tale richiesta si
 e' associata la difesa.
                             O S S E R V A
    A  parere  di  questo  giudice, cone la giurisprudenza della Corte
 costituzionale  ha  evidenziato  (vd.  sentenza  n.  186/1992),   una
 precedente  valutazione  di  merito riguaro l'idoneita' dei risultati
 delle idagini preliminari a fondare un  giudizio  di  responsabilita'
 dell'imputato impone, al giudice che ha compiuto tale valutazione, di
 dichiararsi incompatibile nell'eventuale prosieguo del giudizio.
    L'imparzialita',   infatti   e'   un   connotato   imprescindibile
 dell'attivita'  del  giudice  che   deve   ritenersi   venire   meno,
 determinandone  l'incompatibilita',  qualora  si  pervenisse  ad  una
 duplicita' di giudizio di merito (non formale o puramente indiziario)
 sullo  stesso  oggetto,  dato  che  la  valutazione   conclusiva   di
 responsabilita'  e',  o  possa  apparire  essere  condizionata  dalla
 propensione del giudice a confermare una precedente decisione.
    A tal fine, pero' e' necessario che la res iudicanda sia identica.
    Sempre a parere del collegio (secondo le indicazioni fornite dalla
 sentenza    n.    313   del   1990   della   Corte   costituzionale),
 nell'applicazione della pena concordata dalle parti ex art.  444  del
 c.p.p.,  la valutazione del giudice non e' di mera legittimita' ma e'
 anche di merito,  fondata  sulle  risultanze  degli  atti,  circa  la
 correttezza  della  definizione giuridica, circa la sussistenza delle
 circostanze ed il loro eventuale bilanciamento, ed in ordine  ad  una
 valutazione  negativa circa l'esistenza delle condizioni legittimanti
 il proscioglimento ex art. 129 del c.p.p.
    Il  tribunale  quindi,  nell'applicare  la  pena  al  Cardia  come
 richiesta dalle parti ha avuto conoscenza non formale ma di contenuto
 degli  atti  processuali  alla  luce dei criteri sopra espressi ed ha
 ritenuto esatta la qualificazione giuridica data al  fatto,  corretta
 l'applicazione   delle  circostanze  come  prospettate  dalle  parti,
 congrua la pena indicata dalle  stesse  e  concedibile  il  beneficio
 della sospensione condizionale della pena.
    Cio'  posto,  e'  pero' evidente dalla pura e semplice lettura dei
 capi di imputazione contenuti nel decreto che  dispone  il  giudizio,
 come le posizioni del soldato Cardia (che ha richiesto l'applicazione
 della  pena) e del caporale Deiana siano indissolubilmente legate tra
 loro relativamente alle rispettive  ipotesi  di  violenza  in  quanto
 singoli  aspetti  del  medesimo  fatto:  la  colluttazione  tra i due
 militari.
    Ora nell'ipotesi di una colluttazione originata da  un'aggressione
 violenta,  attuale  ed ingiusta da parte di un militare nei confronti
 di un altro (superiore, inferiore  o  pari  grado),  che  si  difenda
 venendo  a  contatto  con  l'aggressore  e qualora sia ipotizzato nei
 riguardi di ognuno dei due militari un autonomo reato  per  il  quale
 entrambi  siano  stati citati a giudizio, pur essendovi due posizioni
 processuali distinte si e' in realta' in presenza di un  unico  fatto
 materiale  di  reato.  E  comunque  non  vi  e' dubbio che le singole
 posizioni  processuali  dei  due  militari  in  tale  ipotesi   siano
 collegate tra loro in maniera indissolubile.
    Quindi  il  riconoscimento  dei  requisiti  dell'aggressione e' il
 presupposto  indispensabile  per  la   conseguenziale   sentenza   di
 proscioglimento.
    Se  e'  vero  che da un punto di vista teorico le due condotte dei
 militari nel caso di specie potrebbero  essere  oggetto  di  autonome
 valutazioni  di responsabilita' penale (di applicazione della pena su
 richiesta per il Cardia e di condanna  o  di  assoluzione  per  altra
 causa  per  il  Deiana)  qualora,  ad  esempio,  si  riconoscesse non
 sussistente per il Deiana la causa di giustificazione della legittima
 difesa militare, e' altrettanto vero  che  l'esistenza  di  una  tale
 esimente,  in  base  agli  atti  contenuti nel fascicolo del p.m., e'
 tutt'altro che da escludersi.
    Se quanto precede risponde a verita' (poiche' come si e' detto  la
 garanzia  costituzionale  del  giusto  processo prevede di evitare il
 rischio che la valutazione conclusiva di responsabilita' sia o  possa
 apparire  condizionata dalla propensione del giudice a confermare una
 propria precedente decisione) questo collegio ritiene che nel caso in
 esame  la  normativa  di  cui  all'art.  34  c.p.v.  del  c.p.p.  sia
 costituzionalmente     illegittimita'     perche'     non     prevede
 l'incompatibilita' del giudice del dibattimento che abbia accolto  la
 richiesta  di  applicazione  di pena, di un imputato la cui posizione
 processuale  sia  relativa allo stesso fatto materiale e conflittuale
 rispetto a quella di un altro imputato nel procedimento per il  quale
 sia  ipotizzabile  la  presenza  di  una  causa di giustificazione, a
 partecipare al successivo giudizio.
    L'illegittimita' dell'art. 34 cpv del c.p.p.  e'  da  individuarsi
 nel  contrasto  con  la  predetta  norma e gli artt. 25, 76 e 77 (per
 questi ultimi due articoli in relazione ai principi di cui all'art. 2
 direttiva 67  della  legge  delega  n.  81  del  1987)  e  101  della
 Costituzione.
    Riguardo   ai   predetti   articoli  e'  rilevabile  che  l'omessa
 previsione di cui sopra e' in contrasto con il principio di terzieta'
 del giudice del dibattimento cui la legge delega si e' ispirata ed  a
 tutela  del  quale  e' stato introdotto il c.d. doppio fascicolo (del
 giudice e del p.m.) al fine di sottrarre alla conoscenza del  giudice
 gli atti inclusi nel fascicolo del p.m.
    In particolare riguardo alla violazione degli artt. 25 e 101 della
 Costituzione  come  e' gia' stato giustamene osservato dal g.i.p. del
 tribunale di Padova (ord. n. 604/1991 r.o.), "anche il solo  sospetto
 di   una  valutazione  precostituita  e  prefissata  viene  a  ledere
 l'indipendenza del giudice intesa come percepita sicurezza della  sua
 imparzialita'  e  terzieta',  requisiti anche della sua condizione di
 giudice naturale".
    Infatti come ha precisato la Corte costituzionale  nella  sentenza
 n. 124 del 1992 i principi della soggezione del giudice soltanto alla
 legge  (art.  101  della  Costituzione)  e  della sua precostituzione
 rispetto all'oggetto  del  giudizio  (art.  25  della  Costituzione),
 garantendo l'indipendenza del giudice e la sua necessaria estraneita'
 rispetto  agli  interessi  ed  ai  soggetti coinvolti nel processo ed
 escludendo che la sua designazione  e  la  determinazione  delle  sue
 competenze   possano   essere   condizionate   da   fattori   esterni
 rappresentano  i   punti   fondamentali   dell'imparzialita'   e   ne
 definiscono   il  contenuto  ineliminabile  di  connotato  intrinseco
 dell'attivita' del giudice in quanto non finalizzata al perseguimento
 di alcun interesse precostituito.
    Da detti principi deriva che l'imparzialita' non puo' dirsi in via
 generale intaccata da una qualsiasi valutazione gia'  compiuta  nello
 stesso  o in altri procedimenti ma e' ragionevolmente circoscritta ai
 casi di duplicita' di giudizio di merito sullo stesso oggetto  (come,
 a  parere  del  collegio, nel caso in esame per le ragioni esposte in
 precedenza).
    In tali casi, infatti, il rischio che  la  valutazione  conclusiva
 sia o possa apparire condizionata da una propria precedente decisione
 e'  cosi' pregnante da poter concretamente incidere nella garanzia di
 un giudizio che sia il frutto genuino ed esclusivo degli elementi  di
 valutazione  e  di prova assunti nel processo e del dispiegarsi della
 difesa delle parti.
    A parere di questo giudice, pero', l'art. 34, secondo  comma,  del
 c.p.p.,  non prevedendo l'incompatibilita' di partecipare al giudizio
 da parte del giudice che  nei  casi  costituiti  da  un  unico  fatto
 materiale  (o  comunque  commessi  in  un  unico  contesto) in cui la
 posizione processuale di (almeno) due imputati sia  indissolubilmente
 collegata,  conflittuale e possa ritenersi sussistere - per uno degli
 imputati - una causa di giustificazione, abbia accolto  la  richiesta
 della  pena  concordata  di  uno  di  essi,  contrasta  anche  con la
 direttiva  di  cui  al  n.  67  dell'art. 2 della legge delega del 16
 febbraio 1987, n.  81,  e  percio'  con  gli  artt.  76  e  77  della
 Costituzione.
    Come   ha   precisato   la   sentenza   n.  496/1990  della  Corte
 costituzionale il regime della incompatibilita' indicato nella delega
 risponde, invero all'esigenza di evitare che la valutazione di merito
 del giudice possa essere (o possa  ritenersi  che  sia)  condizionata
 dallo  svolgimento di determinate attivita' nelle precedenti fasi del
 procedimento o della piena conoscenza dei relativi atti processuali.
    E' ben vero, prosegue la sentenza  della  Corte,  che  nell'ottica
 della  delega  quale  emerge dalle sue enunciazioni espresse non ogni
 attivita' precedentemente svolta vale a radicarne l'incompatibilita',
 ma e' anche vero che il suo sostanziale rispetto richiede la verifica
 della ricorrenza o meno, nei singoli casi  delle  ragioni  che  hanno
 ispirato  tali  enunciazioni  e cio' specie ove si tratti di istituti
 che la delega non ha direttamente previsto.
    Approfondendo questo punto, la sentenza  n.  401  del  1991  della
 Corte costituzionale ha affermato che i casi di cui alla prima parte,
 secondo  periodo,  della  citata  direttiva  n. 67, presentano alcuni
 caratteri comuni che valgono a definire nel suo nucleo sostanziale al
 situazione in  presenza  della  quale  il  legislatore  delegante  ha
 ritenuto  che  la  previsione  dell'incompatibilita' fosse necessario
 presidio del valore dell'imparzialita' del giudice.
    Innanzitutto  l'incompatibilita'  ha  rilevato  solo  rispetto  al
 giudizio, cioe' rispetto alla decisione sul merito della regiudicanda
 e  non  anche a decisioni assunte ad altri fini. Inoltre, occorre che
 il giudice  abbia  pienamente  compiuto,  sulla  base  dei  risultati
 complessivi  delle  indagini  preliminari (eventualmente integrati da
 quelli   acquisiti   all'udienza   preliminare)    una    valutazione
 contenutistica    della    consistenza    dell'ipotesi    accusatoria
 (finalizzata al controlo della legittimita'  dell'inizio  dell'azione
 penale e del passaggio alla fase del giudizio).
    Nella  prospettiva  delineata  dalle  due  sentenze della Corte in
 precedenza richiamate appare a questo giudice che  gli  atti  da  lui
 compiuti applicano la pena concordata al Cardia (acquisendo agli atti
 il  fascicolo  del  p.m.)  ne implichino, per il rispetto sostanziale
 dell'ottica   delle   direttive    poste    dalla    legge    delega,
 l'incompatibilita'  a  giudicare  il Deiana. Infatti non vi e' dubbio
 che vi sia stata una valutazione  di  merito  sulla  regiudicanda  in
 ordine  alla verifica delle condizioni che legittimano l'applicazione
 concordata della pena (v. sentenza n. 313/1990  Corte  costituzionale
 prima ricordata) ed una valutazione implicita della consistenza delle
 ipotesi accusatorie.
    Per  l'identita'  dello  stesso  fatto materiale o quanto meno per
 l'inscindibile  connessione  delle  posizioni  processuali  dei   due
 militari,   inoltre,  questo  giudice  ritiene  che  l'oggetto  della
 regiudicanda, per la ipotizzabile presenza di una scriminante,  possa
 essere il medesimo per il Cardia ed il Deiana.
    Da   cio'   consegue  l'esigenza  di  evitare  che  la  preventiva
 valutazione di merito compiuta nella fase di accoglimento della  pena
 concordata  possa essere (o possa essere ritenuta) condizionata dalla
 acquisita conoscenza degli atti processuali contenuti  nel  fascicolo
 del p.m.
    E' poi appena il caso di notare che il caso sottoposto al giudizio
 del  tribunale si differenzia nettamente da quello (su cui si e' gia'
 pronunciata la Corte costituzionale nella sentenza  n.  186/1992)  in
 cui l'applicazione concordata della pena riguardi uno dei concorrenti
 del  concorso  di  persone  nel  reato  e  si  debba poi procedere al
 giudizio per gli altri soggetti concorrenti. Infatti in tal caso alla
 concorrenza  della  imputazione  fa  necessariamente  riscontro   una
 pluralita'  di  condotte  distintamente  ascrivibili  a  ciascuno dei
 concorrenti   (oggetto   giuridico   di   separate   valutazioni   di
 responsabilita'  penale)  mentre  nel  caso  in esame la strettissima
 connessione intercorrente tra il comportamento di uno degli  imputati
 ed  il  comportamento  dell'altro  potrebbe  rendere (nell'ipotesi di
 legittima difesa militare)  impossibile  una  valutazione  del  tutto
 autonoma e diversa da quella gia' effettuata.
    Infine  e'  di  solare  evidenza  la  rilevanza  della prospettata
 questione di  legittimita'  nel  procedimento  in  esame,  dato  che,
 qualora   le  osservazioni  formulate  da  questo  giudice  venissero
 condivise  dalla  Corte  questo  collegio  non   potrebbe   giudicare
 l'imputato Deiana.